Risotto all'inglese



A Londra 12 gradi, a Milano 38. Le nostre due settimane inglesi sono state così: timidi soli primaverili, cieli immensi e tersi, vento sferzante e riscaldamento acceso. Abbiamo affittato una casa a Farringdon, graziosa, linda e con cucina funzionante: un sistema per vivere davvero la città che amiamo e dove ho avuto la fortuna di poter lavorare agli inizi di agosto. Un pomeriggio, bagnati come pulcini, ci siamo guardati e abbiamo detto: "Risotto". Perché, si sa, il milanese - a qualsiasi latitudine si trovi - appena vede il termometro assestarsi sotto i 18 gradi pensa a una sola cosa: un bel piatto fumante e giallo brillante, cremoso, ma non all'onda (moda che rifuggo, più veneta che lombarda), aromatico di burro e zafferano. Un riso giallo, non alla milanese, per la mancanza del fondamentale e reietto midollo.



Con il Collaboratore giochiamo la carta Wholefoods pre-Amazon nella speranza di trovare ingredienti di qualità. A parte il riso (italiano, vercellese, più simile a un parboiled che al dichiarato Arborio), lo zafferano spagnolo ha fatto il suo e il burro britannico - nemmeno a dirlo - ha ben reso. Piccolo inciso: pagare 8 sterline 0,25 grammi di zafferano fa riflettere, in particolare perché, tra i forniti scaffali, non ci è stato possibile rintracciare una sola qualità che fosse italiana. Eppure Abruzzo e Sardegna - e la stessa Lombardia, ora - sono in grado di pordurre piccoli capolavori. Il rilancio - o la promozione - della nostra agricoltura passano anche da questo.
Un risotto all'acqua, però (se non ho il brodo, il dado preferisco non usarlo) e nella pentola non giusta, ma ci è piaciuto. Affetto mezza cipolla bionda e la faccio andare a fuoco basso in 30 grammi di burro e un cucchiaio di olio, se vedo che tende a scurire, allungo con acqua calda fino a quando è sfatta. Nel frattempo tosto a fuoco alto 200 grammi riso in una padella antiaderente calda, fino a quando "cambia il suono" e perde umidità, poi metto in infusione in acqua calda gli stimmi di zafferano. Tolgo la cipolla, ormai poltiglia, e la schiaccio perché rilasci in padella tutti gli umori, alzo il fuoco butto il riso facendolo impregnare della mistura di burro, olio e cipolla. Inizia allora il rito dell'aggiunta parca di circa un litro di acqua bollente salata (meglio brodo, se c'è), va avanti l'attesa, 15 minuti circa a rugare (girare, perché appartengo alla scuola e tradizione di chi il risotto lo vezzeggia, coccola e gira, goccia goccia, assistendo al miracolo dello sciocco riso che si fonde in armonia di aromi e trasfigura). Quando l'anima del chicco ancora resiste, ma è lì per cedere, ecco la mestolata di zafferano tanto attesa. L'aroma si spande, ma non bisogna farsi tentare dall'attimo di fuoco in più. Si spegne e si aggiunge una noce di burro e un pugno di parmigiano (quando lo trovo, per correttezza filologica, granone lodigiano): è la mantecatura, il gesto che richiama a tavola la famiglia, in attesa di quella luce che rischiara i nostri nebbiosi paesaggi. Cinque minuti di attesa e ci si immerge nel vapore.





Commenti

  1. In Italia non c'è una grande produzione di zafferano in termini di quantità, ma è caro comunque, mi piace il metodo con cui lo hai preparato, con tante attenzioni alla cottura e al gusto

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    1. Il risotto è un atto d'amore e pazienza. Serve calma, ma da confortarti. Mai, comunque, come i tuoi colori.

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    1. Grazie. Era anche buono, devo ammettere, nonostante i prodotti non proprio acconci

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