Le polpette al limone di Anna o della mancanza

Filippo era esattamente come un cugino grande dovrebbe essere: bellissimo, simpatico, amorevole, scapestrato. Dodici anni ci separavano, cosa che non gli aveva impedito di diventare il mio compagno di giochi preferito. Filippo - Pippo - mi metteva sulle punte degli sci e faceva finta di farmi sciare quando io avevo da poco conquistato la posizione eretta. In ogni foto insieme ci sono io - rosea, grandi occhi verdi e capelli rossicci (persi in qualche strana muta) - stretta a protezione da lui, moro e raggiante.


Filippo era un adolescente e io una poco più che neonata che biascicava parole già con naturale saccenteria. Monologhi a cui lui rispondeva con caroselli di parolacce ripetute a litania, così da farmele imparare. Questi dialoghi avvenivano di solito sul letto della casa che le nostre famiglie dividevano in montagna e mi sono stati raccontati da Anna, mia mamma, che assisteva divertita senza intervenire, convinta che una sana dose di maleducazione non avrebbe di certo influito sulla mia crescita . Illusa. Erano i primi anni '80 e Abatantuono, ancora Terrunciello, spopolava tra i ragazzini con una greve battuta sulle polpette. Poi ha aperto una catena di polpetterie, ma questa è storia contemporanea. Comunque, Filippo non sfuggiva al tormentone, che citava in qualsiasi occasione si parlasse di polpette, in particolare quando mia madre si accingeva a preparare quelle che io preferivo, le polpette al limone. 


Filippo vive nel tempo passato. Non posso usare il presente parlando di lui. Altro su questa faccenda non riesco ancora a dire. Tra i ricordi, però, restano le risate di un ragazzo davanti al pranzo della cuginetta. Un piatto del cuore, non solo perché buono, ma carico d'amore. Le ho rifatte per il pranzo al limone, come gesto d'affetto. Ripeto la ricetta pari a come mia mamma me l'ha dettata. 
Per quattro persone e qualche avanzo prendo 800 grammi di petto di pollo. Se avete confidenza con il vostro macellaio, chiedete che ve ne faccia carne trita e fate aggiungere 200 grammi di prosciutto cotto. Altrimenti ponete nel robot da cucina il pollo e il prosciutto e frullate. Aggiungete al composto tre cucchiai colmi di parmigiano, sale, pepe nero e di Sechuan (non venivano messi quando ero piccola) e la scorza grattugiata di un limone, amalgamate bene e intuite come vada la correzione di sale. Niente uovo, niente pane, nulla. L'impasto tiene da solo. Formate le polpettine e giratele nella farina dando la forma di noce grossotta, ne verranno una cinquantina. Intanto prendete una padella capiente, io un wok enorme che mi ha permesso di ridurre i tempi, e scaldate dell'olio. Ponete in più ondate le polpette a rosolare bene, quando sono colorite sfumatele o con del vino bianco temperatura ambiente e del succo di un limone o, come nel mio caso, solo con il succo. Togliete dalla padella, tenete in caldo e proseguite con le altre. Quando avrete finito la rosolatura, mettetele tutte in padella, aggiungete dell'acqua salata (io) o del brodo e portatele a cottura. Volevo molta salsa perché potesse accompagnare lo stoemp che avevo preparato, quindi non ho lesinato sui liquidi. Asciugassero troppo, toglietele dalla pentola, grattate il fondo e diluitelo ancora con acqua o brodo. Salate se necessario. Delicate e semplici, innocenti e quasi candide, gradite dall'ospite, dal Collaboratore e anche da me. 

Commenti

  1. Polpette, cibo del cuore. Mi annoto la tua versione. Io, oggi, polpette di pesce alla maniera inglese.

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    1. I fish cake? Mi ricordano la Cornovaglia. Ma posso solo guardare e non toccare: sono allergica al pesce

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